scritti politici

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Siria: in cammino per un nuovo ordine mondiale

Viviamo attualmente un periodo storico grave, di un’importanza senza dubbio simile alla caduta dell’Unione Sovietica. Provocando la dissoluzione del blocco comunista e provocando come effetto immediato l’instaurazione dell’egemonia assoluta dell’America e dei suoi alleati occidentali, la sparizione dell’URSS ha portato più di vent’anni di sventura e di estrema ingiustizia nel resto del pianeta.

29 ottobre 2013

L’evento che ha dominato il recente vertice dei G20 a San Pietroburgo, frutto di una gestazione di due anni nella scia della crisi siriana, conclude questa parentesi drammatica. Confermando la rinascita della Russia e l’emersione del blocco dei BRICS a conduzione russo-cinese, simboleggia la ricomposizione della vita internazionale su nuove basi: il “periodo di monopolio americano”, che consacrava il trionfo delle “grandi democrazie” e della loro “economia di mercato”, è finito.

E’ segnata la fine della più grande truffa politica dell’era contemporanea: la “comunità internazionale” franco-anglo-americana è agonizzante.

Il doppio accordo concluso tra la Russia e l’America riguardo alla Siria è l’atto fondatore di questa mutazione. Il Muro di Berlino appariva come il simbolo del trionfo del “mondo libero” e della “fine della Storia”. In questo autunno 2013, è il muro dell’arroganza che è stato spezzato, il vecchio nobile decaduto “Asse del Bene” appariva in tutto il suo splendore, sul sole del tramonto. Lungi dall’essere finita, la Storia prosegue.

E’ una bella lezione di diplomazia che la Russia ha prodigato (sostenuta senza cedimenti dalla Cina, e dai suoi altri partner del BRICS come Brasile, India e Africa del Sud, ma anche da una buona parte del mondo) riuscendo a far prevalere la legalità internazionale e i grandi principi dell’Onu contro i partigiani dell’ingerenza a tutti i costi. Non ci inganniamo: per qualche giorno, il mondo ha bellamente sfiorato la catastrofe e la guerra mondiale. Che Russi e Americani si siano messi d’accordo sul principio di una soluzione politica e diplomatica non può che rasserenare gli uomini di buona volontà che spronano e sperano da molti mesi l’avvio di un processo di negoziati in Siria. Sperando che la dinamica della pace sia contagiosa…

Conviene beninteso considerare la «Siria reale», ossia tutti quelli che hanno puntato il tutto per tutto sul dialogo per mettere fine alla guerra universale con la quale si confronta il loro paese. E’ in effetti grazie alla loro determinazione e alla loro lucidità che la madre della nostra civiltà ha potuto resistere – e ancora resiste – alle terribili prove inflitte dai suoi “falsi fratelli” d’Oriente e dai “falsi amici” d’Occidente: più di 100 000 morti, otto milioni di rifugiati e profughi, ossia un Siriano su tre, più della metà del paese in rovina, compreso la città martire di Aleppo, capitale economica lasciata al saccheggio, le infrastrutture devastate, scuole e ospedali compresi, zone intere alla mercé di combattenti di un altro evo. Senza dimenticare i milioni e milioni di vite spezzate… La comunità internazionale, quella universale, quella che rappresenta la maggioranza del pianeta, non avrà buone ragioni per chiedere conto a coloro che mantengono, in nostro nome per giunta, questa impresa di massacro e di distruzioni, come già in Irak e poi in Libia?

Certo, vedere la faccia grigia di qualche “amico” ben conosciuto dal popolo siriano davanti alla prospettiva di una soluzione pacifica ha di che rallegrarci, ma non possiamo dissimulare la nostra tristezza e la nostra collera nel vedere la Francia svendere i suoi interessi nazionali, rovinare il suo credito morale affermando una marcata preferenza per la parte sbagliata della Storia. Nell’ora in cui gli uni e gli altri si felicitano di vedere la ragione prevalere e ripetono il loro impegno in favore di un esito politico negoziato in Siria, la Francia non esprime un entusiasmo delirante – un eufemismo – per l’opzione della pace e del diritto, di cui la diplomazia russa si è fatta simbolo.

Si avrebbe piuttosto, finora, l’impressione che scelga di trincerarsi nei campi di battaglia in compagnia dei finanziatori della jihad. Perché ha tenuto tanto a “corto-circuitare” il Consiglio di Sicurezza di cui è uno dei membri permanenti e perché, collocandosi nell’ottica di ingerenza, ha messo tanta costanza nello sbeffeggiare i principi di diritto dell’Onu che rivendica. Che peccato e che rovina!

Il governo francese tiene in gran conto le votazioni del Congresso americano e in poco conto l’opinione maggioritaria dei Francesi. Ha fortemente torto. La sua politica è tanto ingiusta quanto immorale e la sua parte di colpevolezza nell’atroce tragedia siriana è uguale alla sua schiacciante responsabilità alla nostra chiusura e alla nostra terribile umiliazione. Pesando le mie parole (come un famoso ministro che non perde occasione di tacere), auguro un ampio successo a quella Ginevra II a cui i veri amici della Siria mandano il loro augurio: è giunto il tempo che la voce della diplomazia si sostituisca al rumore delle armi, che la stabilità e la pace tornino in Siria.

E poi, bisogna ricordare l’evidenza? E’ ai Siriani e solo a loro che appartiene la decisione sul loro destino in tutta sovranità e indipendenza. I dirigenti stranieri, di Parigi o di Washington, di Riyad o d’Ankara, non hanno alcuna legittimità di farlo al loro posto, e ci vuole una bella faccia tosta per stabilire i “fogli di via” riguardo l’avvenire o la ricostruzione di un paese che avrebbero voluto annientare.

Michel Raimbaud – 9 ottobre 2013
Anziano Ambasciatore

Membro del Coordinamento per la sovranità della Siria e contro l’ingerenza.

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