scritti politici

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Testimonianza
Gaza in un mare di sangue.

Tariq vive con la sua piccola famiglia nella precarietà di un campo-profughi della Striscia di Gaza. Testimonia qui, con la lucidità della disperazione, le difficoltà che sopportano al presente i suoi fratelli di lotta. Analizza anche, con la chiarezza di quello che vive ciò che descrive, i compromessi di un’autorità palestinese, più preoccupata, sembra, di consolidare il suo potere che difendere gli interessi del suo popolo. In questo mondo politico-mediatico senza morale né etica che è anche il nostro, pensiamo che è più che mai importante dar voce a quelli ai quali la parola viene soffocata. Ringraziamo Tariq* per la sua commovente testimonianza.

19 luglio 2005 | - : Gaza Israele Iraq Palestina


(IMEMC)

Silvia Cattori: Il generale Eival Giladi ha annunciato che Israele "agirà in modo molto determinato durante il ritiro" degli ottomila coloni. Sarà fatto uso di elicotteri e di aerei. Non siete preoccupati?

Sì, siamo molto preoccupati. Ma se il terrore delle truppe israeliane fa parte del nostro quotidiano, della "normalità", se così si può dire, abbiamo in questo momento paura di qualche cosa di più terribile: le provocazioni dell’Autorità palestinese. Siamo ancora sotto l’effetto di ciò che è accaduto a Jabalyia l’altro giorno. Era la peggiore battaglia tra palestinesimai vista, almeno da me.

Silvia Cattori: Che cosa è accaduto?

Un gruppo di poliziotti ha voluto fermare un militante dell’Hamas ferito e ricoverato. I miliziani dell’Hamas si sono opposti al suo arresto. I poliziotti allora hanno aperto il fuoco e lanciato delle granate. Fino a quando, finite le munizioni, i poliziotti palestinesi hanno gettato le loro armi e si sono resi finalmente.

Silvia Cattori: Sentivate che sarebbe successo?

Sì. In quest’ultime settimane il discorso delle nostre autorità ha fatto salire la tensione. Tutto portava a credere che erano sul punto di gettarci in un mare di sangue, di spingerci in una guerra civile. Il Fatah [1] accusava l’Hamas di volere dividere il potere. L’autorità ripeteva che le armi della resistenza sono illegali, che i rami armati della resistenza devono consegnarle.

Silvia Cattori: Che cosa sperano di ottenere con tale azione di forza?

Lo scopo di Abou Mazen [2] e del Fatah è di mettere l’Hamas fuori gioco, fuori legge. Ciò è molto male gradito dal popolo. L’Hamas è completamente d’accordo a sottoporsisi all’unica autorità di Abou Mazen, ma, finché il popolo è aggredito da Israele e deve battersi per la sua sopravvivenza, non è disposta a lasciarsi disarmare. L’autorità spera che l’Hamas risponda alle sue provocazioni e che la popolazione, gettata in un bagno di sangue, finisca per allontanarsi dall’Hamas.

Silvia Cattori: Nel 1996 Arafat aveva anch’egli cominciato a disarmare. Ma ha dovuto finire col cedere sotto la rivolta popolare. Abou Mazen non sarà costretto anch’egli a far marcia indietro?

I militanti che hanno conosciuto la durezza dell’imprigionamento e delle torture da parte delle forze di sicurezza palestinesi, hanno deciso che, questa volta, non vogliono rivivere ciò che hanno sperimentato prima. Piuttosto morire che farsi trattare come schiavi dai loro stessi fratelli. È per questa ragione che i miliziani dell’Hamas hanno immediatamente reagito alle provocazioni del Fatah. L’Hamas ha voluto dir loro che, questa volta, se vengono a fermarli, non li lasceranno fare.

Silvia Cattori: Ciò non era quello che i palestinesi dovevano aspettarsi? Abou Mazen non aveva detto nel suo programma che pensava alla smilitarizzazione?

Il popolo aspettava che Abou Mazen cominciasse con l’esigere da Israele che smettesse di sabotare la tregua firmata in marzo; che smettesse di assassinare e di terrorizzare i nostri bambini coi suoi droni e gli Apaches.

Silvia Cattori: L’Hamas ha rispettato questa tregua?

Sì, l’ha rispettata. Ma ha rivendicato il diritto di rendere colpo su colpo quando Israele attaccava.

Silvia Cattori: L’Hamas è il solo movimento che rifiuta di consegnare le armi?

Tutte le forze sono unite a fianco dell’Hamas. Esse considerano le armi della resistenza del tutto legali.

Silvia Cattori: Perché l’Hamas è preso particolarmente di mira?

Perché è il movimento più importante e popolare. È considerato dal Fatah come un concorrente. L’autorità palestinese accusa l’Hamas di volere dividere il potere. Non accetta di dialogare con altre forze politiche. I militanti del Fatah pensano che sono loro quelli che hanno lottato durante quarant’ anni, ed che solo loro devono governare senza partecipare il potere ad altri. Non accettano che l’Hamas possa avere più peso politico del Fatah sul campo. Paragonato al successo elettorale dell’Hamas, il Fatah non ha un gran peso, ma nega categoricamente di dialogare con lui.

Silvia Cattori: Volere mettere fuori gioco un movimento che rappresenta a Gaza circa il 60% dei voti, significa affrontare grossi rischi? Il popolo non può essere stupido!

Sì, le persone comprendono che è il Fatah che sta spingendo i palestinesi a battersi tra di loro. C’è un malcontento crescente. Le persone sanno che là dove l’autorità governa c’è anarchia; che là dove c’è l’Hamas è meglio. Ma mettetevi al posto delle persone che vedono profilarsi un mare di sangue. Anche se nessuno vuole battersi contro suo cugino e suo fratello, si pone la domanda di Shakespeare "To be or not to be". Israele ha sempre cercato di fomentare la guerra civile tra i palestinesi. L’Hamas si è sempre guardato dal cedere alle provocazioni. Ma, questa volta, se l’Hamas non si oppone, rischia di mettersi nella condizione di non potere più ritornare politicamente a galla. L’Hamas è la forza politica maggioritaria a Gaza. Non può lasciare la sedia vuota. Pur sapendo che è pericoloso di rispondere, si vede costretto ad opporsi ai poliziotti palestinesi che vengono ad arrestare i suoi militanti.

Silvia Cattori: È una situazione molto tragica!

Sento, lo leggo in ciò che vedo, che andiamo verso una catastrofe più grande . Al posto di utilizzare la sua polizia per spiarci, Abou Mazen dovrebbe mostrarsi desideroso di radunare tutte le forze in un progetto di unità nazionale. Il mondo deve aiutarci per impedire ad Abou Mazen di agire contro il suo popolo così terribilmente provato da Israele. Provocare la guerra tra palestinesi, è l’azione peggiore che le nostre autorità possano fare. Dunque se temiamo l’invasione di Sharon, ciò che è importante per noi è che non ci sia un bagno di sangue a causa di palestinesi che si combattono tra loro. Abbiamo bisogno di essere uniti, compatti, di fronte a Israele.

Silvia Cattori: È tutta l’autorità palestinese che è favorevole alla smilitarizzazione secondo voi?

Non dico che tutti i rappresentanti dell’autorità sono criminali! Io accuso ben precisi individui che se ne infischiano della miseria del popolo e pensano solo ad accumulare profitti, a prendere l’aereo, a pavoneggiarsi in giro nelle conferenze o nei vertici che non ci hanno mai portato alcunché di utile .

Silvia Cattori: Temete che la sospensione delle elezioni sia definitiva?

Abou Mazen li ha rinviate a dicembre o gennaio; a mai più forse. È precisamente la paura del successo dell’Hamas che l’ha portato a sospendere le elezioni che dovevano tenersi in questo mese di luglio.

Silvia Cattori: Tutto ciò non può che portare la popolazione di funerali in funerali che si trasformano in grida di vendetta. Che cosa può, in questo contesto, la delegazione egiziana che è arrivata questi giorni a Gaza per tentare di calmare gli animi?

Riponiamo molte speranze nelle trattative iniziate dai numeri due e tre dei servizi di informazioni di sicurezza egiziana. [3] Speriamo vivamente che riescano ad allontanare il fuoco dalla benzina. Se gli egiziani arrivano a fare comprendere all’autorità che le elezioni devono avere luogo, che il popolo ha la sua parola da dire, ciò ci aiuterà forse ad evitare il bagno di sangue.

Silvia Cattori: Le sommosse di piazza tra palestinesi non possono che far piacere ad Israele!

Le autorità palestinesi trattano l’Hamas con disprezzo, rifiutano l’equilibrio delle forze. Occorre che le nostre autorità dimostrino che vogliono l’unione nazionale se vogliono ottenere l’aiuto ed il pieno sostegno di tutte le componenti politiche. L’Hamas chiede questa unione da sempre. Ma, dalla sua fondazione l’autorità palestinese ha sempre trascurato l’unione.

Silvia Cattori: Si stenta a credere che i palestinesi possano sparare sui loro fratelli?

I poliziotti eseguono gli ordini che ricevono. I servizi della CIA che li hanno addestrati li hanno ricaricati contro l’Hamas e i musulmani, hanno fatto loro il lavaggio del cervello. Non sono né praticanti né credenti, e vedono di cattivo occhio quelli che lo sono. Qui si è tutti credenti. Combattere i musulmani non è il loro problema. Si è detto loro che le persone che sostengono l’Hamas sono dei terroristi ed essi, ta-ta-ta-ta, svuotano il loro caricatore. Se dico loro «non batterti contro il tuo vicino" non comprendono ciò che dico.

Silvia Cattori: Dopo il ritiro israeliano di Gaza, cosa succederà?

Viviamo il momento più nero di tutta la nostra storia. Pensiamo che Israele lancerà tra poco delle operazioni per liquidare i militanti dell’Hamas, del FPLP, della Jihad.

Silvia Cattori: Abou Mazen, messo sotto pressione da Israele, non ha un compito facile!

Non deve lasciarsi comprare da quelli che vogliono sgozzarci. Non è stato eletto per rappresentare gli interessi d’Israele. Io sono un rifugiato nel mio stesso paese. Si è lottato 57 anni per ritornare nel nostro villaggio dal quale si è stati cacciati nel 1948. Avevo la speranza che Abou Mazen si facesse uscire dal blocco. Mi sono sbagliato. Gli hanno dato il potere tra le mani; aveva i mezzi per salvarci. Se l’autorità palestinese persiste a dividerci e, come lascia intendere, a rinunciare ai nostri diritti di ritorno, ciò che ci aspetta è molto scuro. Tutte le forze politiche hanno chiesto le dimissioni di Nasser Youssef (generale alla testa del Ministero dell’interno). Abou Mazen ha risposto che lo manteneva nella sua carica. La qual cosa significa che vuole continuare a servirsi di quest’uomo che temiamo. I militanti dell’Hamas sono integrati, pronti al sacrificio. Il popolo sa che l’Hamas non ha ceduto mai a Israele, che gli assassini mirati dei suoi quadri dirigenti non l’hanno fatto piegare mai, che non è stato mai invischiato in negoziati in cui i suoi diritti sono stati svenduti. [4]

Silvia Cattori: Chi compra Abou Mazen in questo momento?

Israele compra l’autorità per vie traverse. La Banca Mondiale ha messo come condizioni al suo aiuto finanziario, ciò che Israele e gli Stati Uniti vogliono: l’imprigionamento di tutti i militanti, l’eliminazione delle cellule militari, il sequestro di tutte le armi. Mai il popolo l’accetterà. Ora, l’autorità palestinese non può sottomettere il suo popolo a ciò chè è peggio dell’inaccettabile. Quello che sacrifica la sua vita per difendere la sua terra, i superstiti che hanno perso la metà della loro famiglia, i profughi che Israele continua a maltrattare, non accetteranno mai che l’autorità palestinese venga a disarmarli. No, ciò sarebbe la cosa peggiore che possa succederci. Non possiamo accettare che i nostri fratelli si combattano tra di loro. In Palestina ci si sa parlare, ci si sente molto solidali. È inaccettabile puntare la pistola sul proprio vicino.

Silvia Cattori: Non vi aspettate più niente di buono da Abou Mazen?

Ciò che si prova è che si va verso giorni molto scuri. Che si va ad annegarci in un mare di sangue. About Mazen può volare via con l’elicottero quando vuole grazie ai privilegi che gli accorda Israele; noi non possiamo scappare da questa prigione.

Silvia Cattori: Non è un crepacuore supplementare sapere che non c’è nessuna mobilitazione internazionale?

Più duro è di sapere che l’Europa non osa prendere una decisione chiara e forte contro Israele, che i politici di casa vostra hanno paura di toccare Israele, per timore di essere accusati di antisemitismo. mentre qui Israele conduce una guerra razzista, uccide, ferisce, umilia, sì, è duro pensare che l’Europa contribuisce anch’essa alla nostra sofferenza.
Israele deve sapere, che abbiamo conosciuto solamente sofferenze dal 1948. Possiamo soffrire parecchie vite se occorre, ma non capitoleremo.

Silvia Cattori

* Per comprensibili ragioni citiamo solamente il nome di Tariq.



[1Il Fatah è la principale organizzazione in seno all’OLP.

[2Abou Mazen è il nome spesso utilizzato dai palestinesi per designare Mahmoud Abbas, presidente dell’autorità autonoma palestinese e del Comitato esecutivo dell’OLP.

[3Poco dopo questo colloquio, grazie alla mediazione egiziana, il Fatah ed l’Hamas sono riusciti a riconciliarsi, e a dirsi uniti per la loro solidarietà naturale ed il loro interesse comune di garantire la sicurezza nazionale.

[4Il pessimismo di Tariq conferma la precisione delle analisi fatte dal Professore Bertrand Badie ed dal ricercatore Jean-Francesco Legrain al momento dell’arrivo al potere di Abou Mazen.


Tutte le versioni di questo articolo:
- Gaza au bord d’une mer de sang